Il Consorzio di tutela vini DOC Sicilia prende vita nel 2012, con l’obiettivo di rappresentare il vino del territorio siciliano e promuovere la denominazione DOC Sicilia, con azioni di promozione mirate alla crescita della visibilità di un marchio simbolo del Made in Italy e alla tutela e vigilanza a difesa del consumatore e dei produttori. Oltre 7.000 viticoltori e quasi 500 imbottigliatori sono promotori della Denominazione di Origine Controllata, un riconoscimento utile a rappresentarli ma anche a valorizzare e salvaguardare la produzione vinicola dell’isola.
La produzione di bottiglie è imponente: nel 2020 sono state prodotte oltre 90 milioni di bottiglie, nel 2021 oltre 95 milioni. Il sistema Sicilia DOC è produttore di eccellenza sostenibile: tanti degli oltre 23mila ettari di vigneto della Denominazione sono coltivati rispettando il disciplinare della vitivinicoltura sostenibile della Fondazione Sostain Sicilia.
In questo contesto si inserisce il vitigno Nero d’Avola, che rappresenta il vitigno a bacca rossa più importante della Sicilia. Se un tempo era intensamente coltivato soprattutto in provincia di Siracusa, oggi è presente in modo esteso in tutte le provincie siciliane e rappresenta il vitigno più coltivato nelle provincie di Agrigento e Caltanissetta. Questo vitigno costituisce la base in alcune delle più importanti Denominazioni di Origine siciliane; fu importato dai greci durante la loro presenza nell’isola, da loro deriva anche il tipo di allevamento a “bassa ceppaia”, impiantato tipicamente a spalliera o ad alberello.
Storicamente, il Nero d’Avola viene chiamato “Calabrese”, una denominazione utilizzata già nel 1600 quando, con Calavrisi o Calaulisi, venivano indicati tutti quei vini associabili al Sud Italia per caratteristiche qualitative, metodo di lavorazione, colore e zuccheri.
Una spiegazione del suo nome potrebbe trovare radici nella lingua antica siciliana dove “Calea” stava per uva e “Aulisi” per Avola, borgo di Siracusa, dunque “Calaulisi” come uva di Avola.
Una varietà che ha tanti volti, tante potenzialità e che fa pensare al romanzo, “uno, nessuno e centomila” di Luigi Pirandello, così il Nero d’Avola ha una sua versatilità e una sua immagine sempre diversa.
Proprio come l’uno che rappresenta l’immagine che ogni essere umano ha di sé, così il nessuno che appunto è non avere ancora ad oggi un volto espressivo ben delineato e centomila per le sue differenti modalità interpretative. Del resto, la visione che ognuno di noi ha di se stesso e l’impressione che ha la gente di noi non sono ferme, ma cambiano costantemente.
Così oggi, il Nero d’Avola, si sta pian piano finalmente svecchiando e trovando una veste più leggera e meno concentrata, senza però snaturane la sua essenza. Da qui la ricerca di approfondimento su questo varietale che, in funzione della sua antica origine e della elevata superficie su cui è coltivato, presenta una significativa variabilità intravarietale a carico soprattutto degli aspetti morfologici e compositivi delle uve. Pertanto, è possibile definire quattro biotipi che si caratterizzano sia per aspetti morfologici, in special modo forma e dimensione del grappolo, sia per quelli agronomici ed enologici. Questi quattro biotipi sono identificati come A, individuato nell’area della Sicilia centro-meridionale, il biotipo B quello maggiormente diffuso sul territorio isolano ma identificato nella Sicilia occidentale, il biotipo B1 proveniente dall’area viticola della Sicilia sud-orientale, il biotipo B2, molto simile al B1.
Il Biotipo A tendenzialmente regala vini caratterizzati dalle note di fragola e ciliegia, speziato (pepe nero), con leggere note balsamiche a cui si aggiungono quelle di mallo di noce, al gusto evidenzia una buona struttura, equilibrata acidità, buona dotazione di tannini morbidi, che contribuiscono a conferire lunga persistenza in bocca. Si presta bene all’ottenimento di vini ricchi e complessi, ideali per gli affinamenti.
Il Biotipo B fornisce buone e costanti produzioni; vino di media alcolicità si presta alla produzione di vini tendenzialmente più leggeri e facili da bere, che possiedono un profilo aromatico più fresco e un corpo meno pesante, da consumarsi preferibilmente dopo brevi affinamenti.
Dal Biotipo B1 deriva un vino dall’aroma fine e delicato, ricco di colore presenta un’elevata struttura alcolica, una buona acidità e alti tannini, adatto alla produzione di vini di medio lungo affinamento anche in legno.
Un vitigno dunque su cui puntare, dandogli sempre più carattere e legame con il suo territorio, cercando di dare quello che – se da un lato può sembrare contemporaneità – è in realtà già insita nelle caratteristiche di questa varietà, ossia freschezza, gentilezza del frutto e della spezia, mai aggressivo e proprio per questo anche ottimo compagno della tavola.