In commissione Sviluppo economico ascoltati Cgil, Coldiretti, Cia e Anci. Il provvedimento all’esame definisce il distretto come un sistema produttivo locale a vocazione agricola biologica
TOSCANA. Avviate le consultazioni, in commissione Sviluppo economico del consiglio regionale della Toscana guidata da Gianni Anselmi, sulla proposta di legge che crea i distretti biologici come sistema produttivo locale a spiccata vocazione agricola biologica. Tra i requisiti vi sono il rispetto dei criteri di sostenibilità ambientale, conservazione del suolo agricolo e tutela dell’agrobiodiversità.
Riunione di commissione con i portatori di interesse
Nel corso della seduta di giovedì 11 aprile, sono stati ascoltati i soggetti portatori di interesse e l’apprezzamento è stato unanime verso un testo giudicato equilibrato e innovativo. Anche se non sono mancati suggerimenti e spunti da approfondire. In particolare Cgil Toscana ha osservato che nella costruzione della disciplina si dovrà tener conto anche della formazione del personale. Coldiretti Toscana ha segnalato una criticità nel numero minimo di aziende agricole che possono partecipare al riconoscimento di distretto (al momento la previsione è di 3 imprese). Da Cia (Confederazione italiana agricoltori) è arrivata la richiesta di ampliare la platea dei soggetti partecipanti al tavolo tecnico regionale, magari prevedendo il coinvolgimento anche di associazioni e organizzazioni specializzate nel biologico. Anci, infine, ha richiamato l’attenzione sulle potenzialità che potrebbe avere la legge in termini di valorizzazione territoriale e di veicolo per sviluppo e crescita economica.
L’obiettivo di organizzare il settore in un’ottica di distrettualizzazione è stato richiamato dal consigliere regionale Gianni Anselmi a conclusione della seduta. In particolare il presidente ha ricordato la coerenza di questo testo di legge con l’approccio avuto anche nella normativa sulla forestazione e sul rurale. A dimostrazione di quanto questo tipo di impianto a distretti sia ideale anche per sviluppare partnership che travalicano i confini comunali permettendo così di fare rete, sistema e sviluppo.
La legge in sintesi
Promuovere lo sviluppo della coltivazione, dell’allevamento, della trasformazione e della commercializzazione dei prodotti agricoli e alimentari biologici secondo il modello del distretto, applicato a un territorio dove insiste un sistema produttivo locale a spiccata vocazione agricola biologica che ne permette lo sviluppo. In questo modo si vuol riconoscere il beneficio che deriva dalla coltivazione con metodo biologico grazie alle minori quantità di input utilizzati e alle pratiche che garantiscono la conservazione dell’agrobiodiversità.
L’agricoltura biologica è cresciuta, soprattutto in Toscana, negli ultimi anni sia in termini di superficie coltivata sia di numero di imprese. Le imprese biologiche hanno meglio sopportato le crisi economiche, sia per la multifunzionalità che le caratterizza sia perché minore è l’età media del titolare, spesso donna, sia per la spiccata vocazione all’innovazione e agli investimenti.
Il modello prevede un accordo tra agricoltori, cittadini, operatori turistici, associazioni e pubbliche amministrazioni per la gestione sostenibile delle risorse locali, partendo dal modello biologico di produzione e consumo (filiera corta, gruppi di acquisto, mense pubbliche bio). Si fa una distinzione tra i soggetti che devono obbligatoriamente essere parti dell’accordo al fine del riconoscimento del distretto biologico: almeno tre imprenditori agricoli biologici e un terzo dei comuni del territorio del distretto, e soggetti che possono aderire all’accordo.
Tra i requisiti indispensabili per il riconoscimento del distretto biologico è prevista una superficie minima coltivata con metodo biologico pari al trenta per cento rispetto alla superficie utilizzata nel distretto. Si istituisce il tavolo tecnico regionale dei distretti biologici per il coordinamento e il monitoraggio delle attività dei distretti che sarà convocato almeno due volte.