Tutto pronto per l’ottava edizione del corso propedeutico per accedere al selettivo MW Study Programme. In calendario dodici intense sessioni di lavoro guidate dai MW Caro Maurer e Jonas Tofterup
Sono 384 ad oggi i Masters of Wine nel mondo, i massimi esperti di vino che per abilità e conoscenze sono riusciti a superare il lungo e faticoso Study Programme della prestigiosa Accademia britannica, che da oltre 60 anni forma le più influenti personalità in campo enoico a livello globale. Arrivano da Francia, Usa, Spagna, Svezia, Australia, Irlanda e decine di altre nazioni, ma non ancora dall’Italia, malgrado il know how e la cultura vitivinicola del Belpaese siano universalmente riconosciuti. Sarà la complessità del percorso in termini di costo e di tempo, sarà la scarsa reperibilità dentro i confini nazionali di una parte di vini provenienti dall’estero, che non ne consente lo studio richiesto. Sarà la difficoltà nel padroneggiare l’inglese a livelli di madre lingua. Sono diversi i potenziali fattori che non permettono finora all’Italia di entrare a pieno titolo nel novero dei super Paesi con uno o più Master of Wine.
Eppure i promettenti esperti di vino sparsi per lo Stivale sono sempre più numerosi, come dimostra la massiccia partecipazione registrata annualmente nelle MW Residential Master Class organizzate dall’Institute of Masters of Wine in collaborazione l’Istituto del Vino Italiano di Qualità Grandi Marchi, che anche nel 2019 si schiera al fianco dei candidati tricolore in corsa per ottenere il titolo più ambito del mondo vitivinicolo. E lo fa proprio in occasione dell’ottava edizione italiana della Master Class (24-26 maggio, Tenuta Alois Lageder, Magrè – BZ) che oltre a riproporsi come una tre giorni propedeutica al selettivo MW Study Programme sarà anche un appuntamento eccezionale per un’importante novità vale a dire la simulazione della temuta blind tasting, a una settimana esatta dal test ufficiale previsto dal 3 al 5 giugno a Londra. Sarà una vera e propria “prova generale” in vista di una delle degustazioni più difficili al mondo, con i candidati chiamati a confrontarsi “alla cieca” con 12 vini al giorno, da riconoscere e commentare in 2 ore e 15 minuti.
“Dal 2010 sosteniamo la corsa dell’Italia in questa competizione tra i palati più esperti al mondo”. Ha dichiarato Piero Mastroberardino, presidente dell’Istituto del Vino Italiano di Qualità Grandi Marchi. “Siamo consapevoli delle grandi capacità che molti dei nostri candidati possiedono al pari di altri degustatori che sono riusciti a conquistare il titolo di Master of Wine. Non a caso siamo la prima compagine italiana ad assumere il ruolo di partner dell’Accademia londinese e siamo in prima linea nell’organizzare l’annuale seminario formativo, che ora si arricchisce di questa speciale simulazione. Un test che rappresenta un’occasione unica per gli studenti italiani che partecipano alla tre giorni. Normalmente infatti queste prove d’esame guidate da Masters of Wine si svolgono in Inghilterra e richiedono lo studio approfondito di vini stranieri spesso irreperibili nel nostro Paese, rendendo particolarmente difficile l’approfondimento della loro conoscenza e dunque il superamento dell’esame finale. Lo sforzo di offrire la possibilità di conoscere più in dettaglio, in casa nostra, alcuni scenari enologici normalmente distanti da quelli a noi più noti e di simulare una delle degustazioni più complesse e temute al mondo vuole quindi da una parte premiare il lungo e faticoso percorso di preparazione portato avanti dai nostri aspiranti Masters of Wine e dall’altra sostenerli affinché uno o più di loro conquisti nel prossimo futuro questo ambito riconoscimento”.
L’Istituto del Vino Italiano di Qualità Grandi Marchi, attualmente presieduto da Piero Mastroberardino, comprende 19 tra le più rappresentative aziende del Belpaese: Alois Lageder, Ambrogio e Giovanni Folonari Tenute, Antinori, Argiolas, Col d’Orcia, Ca’ del Bosco, Carpenè Malvolti, Donnafugata, Gaja, Jermann, Lungarotti, Masi, Mastroberardino, Michele Chiarlo, Pio Cesare, Rivera, Tasca d’Almerita, Tenuta San Guido, Umani Ronchi. Una compagine in grado di esprimere un fatturato di 560 milioni di euro e un valore delle vendite all’estero pari al 6% dell’intero export enologico tricolore.