Il direttore di Imt Alberto Mazzoni: “Necessaria una banca dati per monetizzare al meglio le produzioni biologiche”
Oltre 6mila ettari dedicati al biologico, 132 cantine che nella campagna vendemmiale 2020/21 hanno prodotto quasi 163mila ettolitri di vino bio per un potenziale di oltre 21 milioni di bottiglie da 0,75l: il vigneto marchigiano è sempre più green. Secondo un’analisi dell’Istituto marchigiano di tutela vini (Imt) basata su dati Ismea, Sinab e Agea e realizzata in occasione della 54^ edizione di Vinitaly, le Marche sono uno dei principali hub sostenibili in Italia, con un’incidenza sul vigneto che raggiunge una quota percentuale altissima (35,6%), seconda nel Belpaese solo alla Calabria (39%) e che di fatto doppia anche la media nazionale che si arresta al 17,5%. Una propensione verde registrata anche dalla recente costituzione del distretto biologico unico della Regione che punta a sviluppare la più grande area europea attenta allo sviluppo di una pratica sostenibile e alla salute dei consumatori. Ad oggi sono oltre 2.200 aziende che hanno aderito al distretto, per una superficie agricola utile (SAU) di circa 79mila ettari già coltivata a biologico e di circa 19mila ettari in conversione. Tra gli obiettivi, incrementare la superficie agricola utile (SAU) biologica, potenziare la ricerca, la sperimentazione e la formazione nel settore per migliorare la qualità e la produttività delle coltivazioni oltre a favorire e consolidare le filiere del biologico di prodotto e di territorio.
“La sostenibilità e l’attenzione nei confronti dell’ambiente sono un asset consolidato del “Made in Marche” – ha dichiarato Alberto Mazzoni, direttore dell’Istituto marchigiano di tutela vini. – Un trend che non accenna ad arrestarsi, come dimostra il nostro vigneto biologico che negli ultimi dieci anni ha praticamente raddoppiato la propria superficie. Anche a livello nazionale la crescita in termini di ettari è stata costante, con un aumento medio annuo del 7% negli ultimi cinque anni. Tuttavia, ad oggi i consorzi italiani non sono ancora in grado di monitorare un modello produttivo che si sta rilevando sempre più strategico: non esiste infatti una banca dati del settore che ci permetta di osservare il fenomeno nei suoi aspetti fondamentali, dalla produzione alla vendita. La strada da percorrere è ancora lunga, soprattutto per migliorare la reddittività delle aziende che in questo momento non riescono ancora a monetizzare al meglio le proprie produzioni biologiche”.
E l’attitudine verde intercetta anche le scelte dei consumatori italiani: secondo Gli italiani e il vino, la recente indagine condotta dall’Osservatorio Vinitaly – Nomisma Wine Monitor, i vini biologici/sostenibili conquistano il primo posto tra i prodotti indicati a maggior potenziale di crescita nei prossimi anni con il 27% delle preferenze. Una quota che sale al 32% nella fascia dei Millennials (27-41 anni). Inoltre, gli stessi consumatori sono anche disposti a spendere in media quasi il 10% in più pur di sposare la scelta etica.