La produzione di erbe aromatiche e spezie risulta ottimale. Numerosi i benefici per la prevenzione di malattie, ma attenzione alla provenienza da Paesi con condizioni igieniche precarie
Si è svolto in modalità mista, in presenza e online, giovedì 28 aprile, il primo incontro del ciclo 2022 de “I Giovedì dell’Archiginnasio. L’Odissea del cibo dal campo alla tavola” dedicato a erbe aromatiche e spezie. I relatori dell’incontro sono stati Giovanni Spagnoli, imprenditore agricolo azienda SemiSlevatica, la Dott.ssa Luciana Prete, Direttore UOC Igiene Alimenti e Nutrizione Azienda USL Bologna, il Prof. Giovanni Ballarini Presidente Onorario Accademia Italiana Cucina e il Dott. Sauro Biffi, Direttore Giardino delle Erbe di Casola Valsenio. Il ciclo di conferenze “I Giovedì dell’Archiginnasio. L’Odissea del cibo dal campo alla tavola” si tiene una volta al mese, da aprile a novembre, e vede Accademia Nazionale di Agricoltura, Delegazioni bolognesi dell’Accademia Italiana della Cucina e Società Medica Chirurgica di Bologna insieme per divulgare la buona comunicazione in campo alimentare favorendo la conoscenza al pubblico delle fasi di produzione, delle qualità salutistiche e la storia in cucina delle eccellenze agroalimentari italiane. Di seguito quanto emerso durante l’incontro.
Una coltivazione resiliente e una possibilità economica per i giovani agricoltori
“La coltivazione delle erbe aromatiche può tornare utile grazie alla loro resilienza in contesti agricoli dove i problemi di siccità mettono oggi in difficoltà molte colture. Si possono coltivare dalla pianura alle zone montane, l’altura fornisce prodotto migliori, facendo a meno delle irrigazioni – ha esordito Giovanni Spagnoli – e non soffrendo le piante di particolari fitopatologie riescono ad adeguarsi bene anche a contesti agricoli ostili. Le erbe aromatiche, inoltre, non sono apprezzate dagli animali selvatici, come gli ungulati, che non ne rovinano i raccolti, si rivelano ottime colture per un’agricoltura biologica che rispetti l’ambiente e i suoi ecosistemi, sono ottime amiche delle api e fanno bene alla biodiversità. Grazie al decreto legislativo n.75/2018 che permette agli agricoltori di coltivare e fare le prime trasformazioni in azienda ci siamo lanciati nella coltivazione di queste erbe, in particolar modo di lavanda e timo, sperando di trovare uno spazio economico in un mercato che sicuramente è ancora in fase di costruzione. Queste coltivazioni costituiscono una possibilità economica per giovani agricoltori che credono nel ripopolamento di zone montane e collinari in Italia, dove si produce meno del 30% del fabbisogno nazionale”.
Numerosi benefici per la salute ma attenzione alla provenienza e a non esagerare
“Il consumo giornaliero di erbe aromatiche e spezie, nel contesto della dieta mediterranea, offre le migliori condizioni per un’attività antiossidante e per ridurre l’infiammazione cronica che è alla base di numerose patologie della terza età. Queste sostanze sono insostituibili e da consumare ogni giorno per la prevenzione delle malattie metaboliche, cardiovascolari, osteoarticolari, neurodegenerative, tumorali e per la cura di affezioni intestinali e dermatologiche, ma risulta sempre più sicuro consumarle con l’alimentazione che nei medicinali. Evidente – ha proseguito la Dott.ssa Luciana Prete – è il potenziale probiotico di pepe nero, peperoncino, cannella, zenzero, curcuma, origano e rosmarino, ma attenzione perché spezie ed erbe aromatiche possono essere contaminate da microrganismi quando provengono da Paesi con condizioni igieniche precarie. Le spezie intere hanno in genere cariche batteriche inferiori a quelle macinate per la minor manipolazione a cui sono sottoposte, ma uno dei rischi maggiori è la contaminazione da aflatossine, contaminazione da pesticidi e metalli pesanti. Inoltre, se utilizzate come alimenti o come integratori hanno grandi proprietà curative, ma i loro principi attivi possono dare effetti collaterali, causare reazioni allergiche, manifestare attività anticoagulante o provocare interazioni con altri medicinali; vanno perciò sempre consumate all’interno di una dieta sana ed equilibrata”.
In cucina cambia il loro utilizzo nei secoli a seconda di gusti e abitudini alimentari
“La presenza di spezie ed erbe aromatiche in cucina è determinata dalle loro caratteristiche biologiche e organolettiche variando secondo i gusti gastronomici delle diverse società nel tempo. Una costante generale è che il loro uso è maggiormente presente nelle cucine dei paesi con clima caldo, molto probabilmente per la loro attività antimicrobica e come conservanti alimentari. Nell’antica Roma – ha proseguito il Prof. Giovanni Ballarini – il paradigma gastronomico dei ricchi era dominato dal pepe che aveva un costo alto dovendo essere importato, mentre quello dei poveri dall’aglio che veniva coltivato in grandi quantità, nel Medioevo prevale invece l’uso nei monasteri di spezie in maniera salutistica e terapeutica, mentre il Rinascimento apre al consumo edonistico delle spezie. E’ la cucina borghese di metà Ottocento, che utilizza spezie ed erbe in misura più contenuta, a creare l’utilizzo odierno iniziando a diffondere l’uso gastronomico delle spezie e scoprendo il gusto amaro in aperitivi e digestivi. Differente invece il discorso per i cibi piccanti che hanno limiti di uso diversi nelle diverse ricette e per ogni persona, in quanto guidati dalle abitudini alimentari storiche: in America si usa il peperoncino, in Asia il pepe, in Europa la senape. Il piacere che provocano giustifica la loro presenza, ma la persistenza dipende dal controllo dei limiti di uso ottenuti attraverso tradizioni trasferite nelle ricette delle diverse preparazioni, loro associazioni con altri cibi e rituali d’uso”.
Il Giardino delle erbe di Casola Valsenio e la “vallata della ristorazione”
“Le piante officinali comprendono un gran numero di specie aromatiche spontanee e coltivate. Per lungo tempo sono state considerate infestanti e solo in seguito ad una nuova cultura ed un nuovo interesse del consumatore e degli chef, a partire dagli anni ‘90, hanno trovato una loro valorizzazione. Il fondatore del “Giardino delle Erbe” Augusto Rinaldi Ceroni fin dagli anni ’40 – ha concluso Sauro Biffi – ha lavorato per valorizzare e divulgare questo gruppo di piante tanto da proporre, già nel 1949, i primi pranzi con l’impiego delle erbe aromatiche, ma la vera spinta iniziò alla fine degli anni ‘70 quando con la giovane ristoratrice Casolana Katia Fava, iniziarono a studiare i primi menù con l’impiego delle erbe selvatiche. Dalla metà degli anni ‘90 il “Giardino delle Erbe” vede aumentare la presenza di numerosissime scuole alberghiere e scuole universitarie di tutta Italia con corsi legati alla ristorazione ed al turismo. Oggi Casola Valsenio fa parte della “vallata della ristorazione” dove, da Riolo Terme a Brisighella, i ristoranti hanno introdotto nei loro menù erbe e fiori officinali per divulgare un nuovo modo di mangiare valorizzando i sapori e lo stare bene a tavola”.