Elisabetta Musso e la “Guida irriverente per allegri bevitori”

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elisabetta musso

Il primo libro della palermitana che dalla toga di avvocato si è dedicata alla sua passione: l’enogastronomia. Una “guida” al vino ma anche “un invito a non prendersi troppo sul serio”.

PALERMO. Classe 1983, sicilianissima e con una congenita passione per il buon vino e la buona cucina. Elisabetta Musso ha lasciato la professione di avvocato per dedicarsi completamente all’enogastronomia e alla comunicazione. Quello per il vino è un amore viscerale, nato fin da bambina, quando “il nonno mi spingeva ad assaggiarlo e odorarlo”. Ha raccontato l’ex studentessa di diritto che, abilitazione in tasca, ha dismesso la toga e si è dedicata al cibo e alla scrittura perché “questo mestiere credo sia molto più nelle mie corde”. Content specialist per un’agenzia, online con il suo blog “La Beat”, da poco ha pubblicato il suo primo libro “Leggete e bevetene tutti – guida irriverente per allegri bevitori”, per Dario Flaccovio Editore.

Diploma classico, laurea in Giurisprudenza ed esame di abilitazione. Poi però ha scelto il vino al mondo dell’avvocatura. Com’è nata questa passione e quando ha deciso di trasformarla in un lavoro?

In realtà il vino ha sempre fatto parte delle mie abitudini alimentari. Da piccola frequentavo casa di mio nonno, che lo produceva a livello domestico e mi spingeva sempre ad assaggiare e odorare. Poi, contemporaneamente a giurisprudenza, ho avuto modo di frequentare i corsi dell’Associazione Italiana Sommelier e di sostenere l’esame come degustare ufficiale. A 29 anni mi si è presentata la possibilità di lavorare per una grossa enoteca qui a Palermo e ho deciso di accettare. Ho iniziato a studiare i mezzi di comunicazione e il marketing e dopo aver curato una rubrica dal titolo “Gastronerie” per una piccola testata online che si chiama “Il moralizzatore”, è nata l’idea del libro”.

Per dedicarsi all’enogastronomia ha dovuto smettere i panni di avvocato. È una scelta di cui si è mai pentita?

“No, perché sono sempre stata convinta che siano entrambe professioni totalizzanti, da esercitare con serietà e studio costante, quindi non potevano convivere a livello professionale. Il mondo del diritto mi ha sempre affascinato e ho continuato a studiare ma alla fine credo che questo mestiere sia molto più nelle mie corde: ha a che fare col mio passato, con la mia esigenza di raccontare, quella che a me piace chiamare “grafomania”, e mi ha insegnato a tirare fuori aspetti diversi della mia personalità e a stare più serenamente al mondo”.

Al di là della sua esigenza personale di scrivere e raccontare, quanto pensa sia importante per chi produce e vende vino occuparsi anche di comunicazione?

“Credo sia fondamentale. Con “Digital makers”, l’agenzia con cui sto lavorando adesso come content specialist, stiamo dando vita a dei progetti nati proprio dal fatto che abbiamo riscontrato la necessità di una comunicazione diversa. Io che vengo da un percorso accademico come quello con l’AIS, ho realizzato che oggi quel modo di comunicare il vino è troppo ingessato. Rendere il prodotto accattivante e smettere di raffigurare il vino come un argomento elitario aiuterebbe sicuramente le vendite e faciliterebbe l’approccio del consumatore alla materia”.

Non a caso il suo libro è profondamente diverso dalle classiche guide. L’ha definito una “Guida irriverente per lettori allegri”.

“Sì, perché in realtà non è una guida. Innanzitutto perché io le guide non le so fare, e poi perché chi ha bisogno di una guida non ha bisogno del mio libro. Il mio è più che altro un volume dedicato a chi cerca un approccio più leggero alla materia, ma è anche rivolto ai miei colleghi come invito a non prendersi troppo sul serio e a ridere insieme degli episodi esilaranti in cui tutti ci siamo imbattuti durante le vendite di vino”.

Lei prima diceva che questa passione è nata praticamente in casa. C’è quindi anche un legame con la sua terra in quello che fa?

“Per me è imprescindibile, infatti io sono sempre stata a favore della promozione del vino siciliano, nel senso che non escludo gli altri vini ma ci tengo a non demonizzare i miei. In Sicilia invece c’è un po’ la tendenza a non chiedere il vino siciliano. Eppure questa è una terra particolarmente privilegiata da un punto di vista ambientale e climatico e regala prodotti di altissima qualità. Certo, non abbiamo né la fama né il senso del vino di altre regioni italiane o europee ma oltre l’Etna, che è una denominazione che oggi ha riscontro in tutto il mondo, ci sono tantissime zone con denominazioni meno note che fanno vini di altissima qualità. Da qui l’importanza di promuoverli nel modo giusto”.

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