La domanda di vino che dell’Asia orientale vale 6,45 miliardi di euro, mentre da Usa e Canada 6,95 miliardi. I dati rivelati dall’Osservatorio Vinitaly-Nomisma
ROMA. Cambia da qui a tre anni la geografia mondiale del business del vino. La domanda globale di vino dell’Asia Orientale vale 6,45 miliardi di euro di import ed è già prossima all’aggancio del Nord America (Canada e Usa), piazza da 6,95 miliardi di euro. Nella competizione globale, l’Asia Orientale gareggia per la Champions League con un balzo a valore negli ultimi dieci anni del 227% (12,6% il tasso annuo di crescita negli ultimi 10 anni). Undici volte in più rispetto ai tradizionali mercati Ue e quasi il quadruplo sull’area Nordamericana.
Un distacco sullo sprint che sembra chiudere ogni gara con i campionati minori. Questo è il quadro delineato con “Asia: la lunga marcia del vino italiano”, a cura dell’Osservatorio Vinitaly-Nomisma Wine Monitor. Presentato nel corso della conferenza a Roma del 53esimo Vinitaly alla fiera di Verona dal 7 al 19 aprile.
“L’Asia Orientale non è solo Cina ma molto di più. Rappresenta una area commerciale di circa un terzo della popolazione mondiale e di questo passo la domanda di vino del Far East supererà entro tre anni quella del Nord America”. Ha sottolineato Giovanni Mantovani, Ceo di Veronafiere Spa.
Su questa nuova rotta orientale, l’Italia finora ha però fatto solo capolino rispetto alla Francia, nonostante, come evidenzia lo studio Nomisma, una tenuta in terreno positivo del sistema vino made in Italy a livello mondiale (+3,3% nel 2018 sull’anno precedente). La presenza in Asia Orientale di vini made in Italy è ancora marginale rispetto alle potenzialità italiane. Per il presidente di Veronafiere, Maurizio Danese: “La lunga marcia italiana verso l’Asia si è rivelata in questi anni ancora più faticosa per la mancanza di una vera regia di sistema Paese”.