Tre denominazioni di origine e due a indicazione geografica per un totale di oltre quaranta tipologie di vini, così il Consorzio Vita Salernum Vites traccia un primo bilancio di quella che si prospetta tutto sommato un’annata positiva; una vendemmia che in ogni caso lascia ben sperare.
Nonostante l’annata calda e la siccità persistenti, per quest’annata 2022 – in particolare sui vini bianchi – le previsioni, sembrano essere soddisfacenti; si nota un generale incremento della produzione, soprattutto nell’area cilentana, con circa un 10% sulle uve a bacca bianca e un leggero decremento del grado alcolico, mentre per i rossi si prevedono vini dal corpo generalmente medio.
Una vendemmia lunga quella che ha segnato la provincia di Salerno, area ampia e diversificata che va dalla fascia costiera alle zone più interne e confina a nord-ovest con le aree del Vesuvio e della Penisola Sorrentina (in provincia di Napoli), a nord-est con l’Irpinia (piana solofrana-montorese e monti Picentini), ad est e a sud con la Basilicata (provincia di Potenza).
Una provincia piuttosto vasta, che si estende su una superficie di 4918 km² e comprende ben 158 comuni, attestandosi come prima provincia della regione Campania per numero di comuni. Si tratta di un territorio in prevalenza collinare, ricco di corsi d’acqua, ma non mancano poi le alture di rilievo, tra cui il Cervati (1898 m) e il massiccio degli Alburni col monte Panormo (1742 m).
Riguardo la fascia costiera, che si estende per circa 220 km, possiamo dividerla in tre parti, quella nord che è rappresentata dalla costiera amalfitana, aspra e frastagliata; quella centrale, più piatta, che è caratterizzata da un’ampia ed ininterrotta spiaggia, circondata da una rigogliosa pineta – che si estende per più di 50 km da Salerno ad Agropoli – e infine la parte sud, la Costiera Cilentana, che si estende per circa 100 km da Agropoli a Sapri ed è caratterizzata dal continuo alternarsi di tratti aspri e rocciosi a spiagge ampie e sabbiose.
Un territorio che si distingue anche per il suo patrimonio archeologico e culturale ( da Paestum e Velia alla Certosa di Padula, ai complessi ipogei delle Grotte di Pertosa e delle Grotte di Castelcivita) unico al mondo e naturalmente per la straordinaria bellezza paesaggistica, con due siti riconosciuti dall’UNESCO Patrimonio dell’umanità, la Costiera Amalfitana e il Parco Nazionale del Cilento e del Vallo di Diano (180.000 ettari), riconosciuto anche riserva della biosfera e primo geoparco in Italia.
Area che per la sua varietà e complessità diventa laboratorio culturale e di biodiversità, e che riguardo la produzione vitivinicola, è ricco di sfaccettature, tali da avere situazioni molto diverse e raccontare un andamento vendemmiale diversificato.
Il dato che emerge è senza dubbio un sempre maggiore anticipo della raccolta, ma questa non è infatti una novità, come hanno fatto notare in linea di massima tutti i produttori intervistati.
Il problema del cambio del clima, con periodi di calore e scarsità di piogge è ormai consolidato e quello che tutti stanno facendo, con la pratica e con la giusta coscienza., è trovare le soluzioni più idonee alle proprie realtà, per permettere una maturazione efficace delle uve.
Gran parte dei produttori inoltre adottano da sempre una viticoltura attenta, cercando di prediligere il minor numero di trattamenti, applicandoli solo in caso di reale necessità. Questo non significa necessariamente orientarsi verso un’agricoltura biologica o biodinamica, ma attenta e rispettosa della natura.
Cosa dobbiamo aspettarci dunque da questo 2022? Iniziamo dall’area del Cilento, sicuramente tra le prime ad iniziare la raccolta. Una vendemmia che è iniziata già dai primi di agosto, come nel caso di Alferio Romito dell’azienda agricola Il Colle del Corsicano a Castellabate: ”Nel nostro caso, come negli anni addietro, la vendemmia è iniziata nella prima decade di agosto con i bianchi. A seguire a fine agosto la raccolta delle uve da destinare al rosato. Un’annata con lievi piovaschi in primavera, pertanto, nonostante il caldo torrido, le piante erano in ottimo stato vegetativo. Questo ci sta portando a raccogliere uve fisiologicamente equilibrate. Giusto equilibrio tra accumulo di zuccheri e dati analitici in termini di pH e acidità totale il che ci fa pensare a vini di qualità con buon potenziale di longevità. Senza dubbio questo è stato un anno impegnativo per la lotta contro le fitopatie della vite, ma per chi è stato attento e forse anche bravo, anche in regime biologico, le uve si sono presentate in ottimo stato. Oltre alla siccità, la criticità maggiore l’abbiamo riscontrata con le temperature elevate, rischiando scottature sui grappoli e disidratazione degli acini. Abbiamo dovuto lavorare bene in vigna, meticolosamente sulla gestione della chioma per proteggere al meglio le uve. La vera fortuna sono state le piogge primaverili, dove si sono verificate, le quali hanno contribuito alla vegetazione continua della pianta. Nel caso opposto, in assenza di acqua nel suolo la pianta avrebbe reagito andando in riposo vegetativo producendo minore apparato fogliare favorendo le scottature causate dai raggi solari direttamente sul grappolo”. Dello stesso avviso sono anche Bruno de Concilis e Luigi Maffini, che danno testimonianza della loro personale esperienza.
“Per quello che riguarda le mie vigne – sottolinea Bruno de Concilis – erano tutte in anticipo visto l’inverno caldo; abbiamo avuto una discreta piovosità primaverile, il che ha portato un anticipo della fioritura, cosa che si è protratta fino alla vendemmia. Per la mia realtà è stata molto più siccitosa la 2021. A fine luglio abbiamo avuto una pioggia importante, ma noi in previsione della siccità avevamo fatto una lavorazione del suolo, avevamo zappato il terreno e questo ha aiutato le piante viste poi le piogge quasi quotidiane che si sono succedute dal 14 di agosto in poi. Abbiamo una buona espressione aromatica, minor tenore alcolico, il che è una nota positiva, e buona acidità, tutto sommato posso definirla un’annata classica. La resa, parlando sempre sui bianchi è molto alta, con un 10-15% in più di incremento, ma siamo sempre sugli 80/100 quintali di resa per ettaro. Io lavoro da sempre tutto in bio, si lavora bene con lo zolfo, negli ultimi tre anni la pressione sulla peronospora è stata molto bassa, per cui anche l’uso del rame per i trattamenti è stato basso. Anche economicamente parlando chi ha lavorato con prodotti bio la spesa è stata inferiore a chi usa il sistemico. Il problema dei prossimi anni sono senza dubbio siccità e temperature molto alte, per cui quello che si può fare è lavorare sulle pratiche agronomiche in termini di inerbimento e di struttura del vigneto in modo sempre più attento e almeno per le uve bianche bisognerà autorizzare impianti irrigui anche nelle vigne a denominazione di origine”.
Dello stesso avviso è anche Luigi Maffini, che conferma la nota positiva sulle uve a bacca bianca: “Per me le aspettative sono molto buone; abbiamo nel mio caso un incremento della produzione intorno al 20- 25%, anche in parte dovuto ai vigneti più giovani. Abbiamo avuto precipitazioni abbastanza cadenzate nella zona di Giungano, ma non a Castellabate, da maggio fino a luglio, che ci hanno aiutato. La qualità a mio avviso è buona, con rese leggermente maggiori, ma ti parlo del mio caso e in particolare per i bianchi, anche perché non potrei generalizzare. Anche per l’aglianico la vendemmia è stata buona, con una produzione del 15% in più. In merito alle pratiche da utilizzare sicuramente chi segue il bio e chi segue buone pratiche che riducon l’impatto di tutte le azioni dell’uomo nei confronti dell’ambiente, senza dubbio si riesce ad avere un vigneto che migliora la sua performance. Tendenzialmente chi lavora facendo molto lavoro sartoriale, è più propenso a seguire con le situazioni climatiche che possono essere complicate. Come contromisure o alternative per affrontare le problematiche attuali, si dovrebbe anche pensare di cambiare qualcosa in merito ai disciplinari – ormai superati – che potrebbero permettere i produttori a lavorare in modo più adeguato e migliorare le performance del territorio, valorizzando un prodotto che ha una sua competitività”.
Anche Alferio Romito esprime il suo punto di vista sulle nuove possibili tecniche agronomiche: ”Le nuove tecniche agronomiche, o forse il ritorno a quanto già si applicava in passato, a mio avviso ci hanno aiutato in alcuni casi. Ad esempio, la pratica del sovescio o dell’inerbimento spontaneo sta favorendo l’incremento della fertilità dei suoli apportando sostanza organica. Inoltre, con lo sfalcio degli inerbimenti si favorisce la protezione del suolo dalle alte temperature estive e la diminuzione dell’evapotraspirazione favorendo così un’ottimale conservazione dell’acqua.
Il cambiamento climatico gioca un ruolo ormai fondamentale sulle produzioni viticole e vinicole. Il ruolo di noi vignaioli è quello di trovare un giusto equilibrio tra le diverse componenti ambientali, pedologiche e climatiche, per far si da raggiungere comunque l’obiettivo finale. Sicuramente tanto sta cambiando da parte nostra. Tra le principali attività quella di preservare al massimo l’acqua a disposizione, sia nel suolo che nei tessuti vegetali, evitando ribadisco ancora una volta, evaporazione dal suolo e traspirazione dai tessuti vegetali. Questo applicando semplicemente tecniche agronomiche ecosostenibili come i sovesci e l’utilizzo di corroboranti come caolino e zeoliti. Semplici prodotti bio ottenute dalla roccia”.
Ci spostiamo verso l’area delle Colline di Salerno, dove la situazione si prospetta con alcune differenze, come emerge dalle parole di Guido Lenza di Lenza Viticoltori:”La vendemmia da noi è iniziata prima con un leggero anticipo, circa 10 giorni. Soprattutto le uve a bacca bianca, il cui periodo di raccolta corrisponde sostanzialmente con l’ultimo mese d’estate, sono arrivate in condizioni di forte stress idrico, viceversa, quelle a bacca rossa, hanno subito le forti piogge nella fine del mese di settembre proprio in corrispondenza con il periodo vendemmiale. Cosa aspettarsi? Uve a bacca bianca con maggiori estrazioni e minore acidità rispetto alle ultime due annate precedenti, mentre per le uve a bacca nera, una minore resa (a causa delle problematiche in vigna causate dalla pioggia), ma senza dubbio un miglior equilibrio tra acidità e zuccheri. Per noi questa è decisamente un’annata qualitativamente e quantitativamente peggiore delle precedenti. Il cambiamento climatico ci impone di dedicare uno sforzo e un’attenzione maggiore alla gestione del suolo, intesa come arricchimento dell’ambiente pedoclimatico ove attecchisce la vite, quanto alle pratiche da seguire, lungi dallo sposare una bandiera “ideologica”, ogni viticoltore deve fare i conti con la terra ove ha scelto di impiantare le proprie uve e sull’ambiente circostante. Le pratiche biodinamiche, intese come rispetto della biodiversità in vigna e, anzi, come viatico per promuovere un vero e proprio “ecosistema” sono da prendere in assoluta considerazione. A mio parere il biologico è destinato a diventare lo standard produttivo dei prossimi anni; biologico non vuol dire, però, sostenibile. Alcune pratiche – specie quelle che prevedono l’utilizzo di rame – producono un effetto accumulo di cui è ormai conclamata la tossicità per il suolo e pertanto sono in via di superamento. Pertanto, un vigneto “sostenibile” è anche un vigneto la cui gestione può più facilmente avvenire con mezzi meccanici (a loro volta, in futuro, alimentati da energia solare). Un vigneto meccanizzato consente di limitare i costi di gestione in termini di ore/lavoro e agevola l’utilizzo di prodotti – specie in regime biologico – che basano la loro efficacia sul contatto con le uve e quindi necessitano di un numero maggiore di passaggi a causa del dilavamento derivante dalle condizioni meteoriche. Lo stesso dicasi per le lavorazioni nell’interfilare e nell’interceppo, in quanto il passaggio meccanico evita l’utilizzo di prodotti erbicidi, spesso indispensabili nei vigneti di difficile gestione meccanica. Il cambiamento climatico sta incidendo sulla nostra realtà in modo significativo, per questo una possibile alternativa, sarebbe quella di ampliare i margini per l’irrigazione in vigna, mediante apposite modifiche di disciplinari”.
Anche Mario Mazzitelli, dell’azienda Lunarossa Vini e Passione di Giffoni Valle Piana, nonché vicepresidente del Consorzio sottolinea che: “tutto sommato le rese sono state buone, la vendemmia è stata lunga ed articolata, le piante sino arrivare con un leggero stress idrico vista la quasi totale assenza di precipitazioni per quattro mesi. Personalmente ho iniziato il 18 agosto con il primo fiano vicino al mare, poi nelle zone interne ci sono state piogge a macchia di leopardo, fenomeno che è capitato per tutto il mese di agosto. Quello che penso è che nonostante le buone rese, sul lungo medio periodo non riusciranno a generare buoni vini da invecchiamento, perché la polpa non ha avuto il tempo sufficiente di digerire tutta quest’acqua. Personalmente ho avuto uve sane e direi comunque una bella vendemmia. Vero è che passiamo dalla 2020, alla 2021 alla 2022 con una salita della concentrazione del caldo e con minori precipitazioni e fenomeni temporaleschi sempre più accentuati”.
Anche Mila Vuolo, produttrice di Fiano e Aglianico in località Passione di Rufoli, sulle colline di Giovi, appena fuori dalla città di Salerno, racconta il suo punto di vista: “Per la mia realtà la qualità delle uve è perfetta, una vendemmia di cui sono piuttosto soddisfatta; casomai sulla quantità direi che sulla bacca bianca è stata sufficiente, mentre sull’aglianico non è stata propriamente abbondante, ma non da lamentarsi. Riguardo il tema dell’anticipo vendemmiale ormai dobbiamo abituarci con la realtà del cambio del clima e adottare maggiori accorgimenti sulla gestione del suolo e del vigneto stesso”.
Si chiude con l’area della Costiera Amalfitana, lingua di terra che si apre a sud sul Golfo di Salerno, separata dalla Penisola Sorrentina attraverso i Monti Lattari, zona caratterizzata da tanti vitigni rari come il ripoli, la ginestra e la pepella per la bacca bianca e il tintore di Tramonti per i rossi, varietà di cui si ritrova una quota rilevante di piante centenarie sopravvissute alla fillossera.
In particolare, ascoltiamo la voce di alcuni di Tramonti, che è la sottozona più densamente vitata di tutta la Costiera, dove la viticoltura ha diversi punti di contatto con quella tipica delle aree più interne, con raccolte tardive.
Iniziamo dalla voce del viti-enologo Sergio Pappalardo che segue la Cantina Tagliafierro di Tramonti: “Qui da Raffaele Tagliafierro la vendemmia è iniziata prima del solito, una quindicina di giorni rispetto agli altri anni, ma non ci aspettiamo grandi cose. Per questa realtà la siccità e le temperature elevate si son fatte sentire in luglio, anche se i suoli di Tramonti e le vigne a piede franco si difendono sempre molto bene. L’uva di partenza c’era, ma le perdite su alcune vigne è stata importante per patologie quali oidio a forte pressione tutta la stagione, peronospora molto tardiva che a fine agosto ha limitato la maturazione. Inoltre, il problema della tignoletta e della drosophila suzuky apportano sempre problematiche sul Tintore, mentre il Piedirosso che è più rustico si difende sempre bene. A tal proposito ci terrei a mettere in evidenza che sarebbe auspicabile un coinvolgimento del Comune di Tramonti in un sistema di lotta biologico nei confronti della tignoletta basato sulla confusione sessuale, così come è stato adottato in Trentino-Alto Adige, regione pioniera in Italia nell’applicazione di questa strategia efficace, economica e a zero impatto. Sarebbe senz’altro un’occasione valida e urgente per fare “sistema” tra le aziende in Costa d’Amalfi. Inoltre, ci tengo a sottolineare anche la difficoltà nella conduzione biologica a Tramonti, perché il territorio è molto eterogeneo e parcellizato, con conseguenze logistiche proibitive per una gestione mirata ed oculata per la singola piccola azienda. Rispetto ai cambiamenti climatici bisogna insistere per le forme di allevamento a pergola e tralasciare i filari che espongono maggiormente i grappoli all’insolazione”.
Anche Gaetano Bove dell’azienda Tenuta di San Francesco racconta come è andata dal suo punto di vista: “Questa è stata una vendemmia un poco strana – che per noi è ancora in corso – ma che possiamo sicuramente definire leggermente anticipata, ma il problema anche delle piogge della prima decade di ottobre ci hanno rallentato nella raccolta e posticipato rispetto ai nostri tempi. Questa direi che si presume un’annata più da bianchi che da rossi, almeno per noi. Per il tintore ho ridotto drasticamente le quantità, sono riuscito giusto a a selezionare una vasca da 50 quintali scelta; ci sono stati anche attacchi di malattie, con presenza di oidio e anche un poco di peronospora; questo ovviamente ci ha penalizzato visto che non facciamo uso di chimica invasiva. In merito a possibili pratiche agronomiche da adottare per gestire meglio quello che sta succedendo, senza dubbio la nostra arretratezza, forse ci fornisce già gli strumenti che ci possono tutelare; i contadini di Tramonti sono sempre stati allevatori, mi riferisco sia ai sistemi di allevamento della pergola, ma anche l’uso di sostanze organiche di concimazione come nutrimento vero della terra. Non dimentichiamo che le nostre sono viti con un’età importante e poi pensare non a una irrigazione superficiale, ma un’irrigazione profonda. Chi torna a fare il contadino vero ha più possibilità di combattere il clima. Il fogliame d’estate fa da ombreggiatura, che senza dubbio ci aiuta a fare vini eleganti. Quello che mi sento anche di sottolineare è che a prescindere dall’andamento della vendemmia, quello che dovremmo fare per il nostro territorio è portare più luce e più unità dandogli maggiore valore”.