Osservatorio Uiv: “Produzione in crescita, evitare rischio commodity con sparkling e rosati”
“Chiediamo fortemente che lo strumento della Promozione Ue sia difeso a livello europeo, nell’ambito della riforma alla quale sta lavorando in questi mesi Bruxelles, in quanto le politiche proibizioniste della Commissione potrebbero escludere il vino e altri settori del nostro agroalimentare dai finanziamenti a favore della promozione dei prodotti agricoli. È fondamentale nei prossimi mesi far fronte comune per impedire questo disegno, facendo leva sul ruolo insostituibile del vino e delle sue Dop e Igp per lo sviluppo e la sostenibilità dei territori”.
È la richiesta fatta al ministro delle Politiche agricole Patuanelli da parte del presidente di Unione italiana vini (Uiv), Ernesto Abbona (nell’immagine di copertina), oggi nel corso del Forum vitivinicolo della Confederazione italiana agricoltori (Cia). “Al ministro – ha aggiunto Ernesto Abbona – proponiamo inoltre di farsi promotore per l’avvio di una campagna internazionale di comunicazione istituzionale per il rilancio dell’immagine del nostro Paese attraverso la narrativa dei suoi territori vitivinicoli e delle sue tipicità agroalimentari”.
Secondo l’analisi Un nuovo potenziale per il vino italiano, presentata oggi dall’Osservatorio del vino Uiv al forum Cia, sono ancora ampi i margini di crescita del made in Italy enologico. In particolare – secondo il responsabile dell’Osservatorio, Carlo Flamini – con un potenziale produttivo in aumento attorno a 50 milioni di ettolitri l’anno, l’offerta del vino italiano rischia una tendenza verso il basso. Un rischio commodity da evitare lavorando sull’offerta di qualità specie su alcune tipologie della domanda globale in forte crescita. Da una parte sugli sparkling italiani, che grazie al caso di scuola Prosecco hanno triplicato il valore delle esportazioni nell’ultimo decennio; dall’altra i Rosati, dove l’Italia sconta un gap notevole. Negli Usa, infatti, la corsa dei rosé francesi fissa incremento, dal 2010 a oggi, di circa il 1.500%, per un controvalore di 290 milioni di dollari l’anno, a fronte di un export dei Rosati italiani fermo a 32 milioni di dollari.